Con questa domenica, detta delle Palme, ha inizio la Grande Settimana. Si chiama così perché è la settimana più importante dell’anno liturgico. Viene anche chiamata Settimana Santa, perché proprio in questi giorni si ricorda il dono di amore di Gesù per noi.
Ci commuove ogni anno, nella Domenica delle Palme, salire assieme a Gesù il monte verso il santuario di Gerusalemme, accompagnarlo lungo la via verso l’alto. In questo giorno, ovunque sulla terra e lungo i secoli, giovani – ragazzi e gente di ogni età Lo acclamano gridando: “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”
Gesù entra in Gerusalemme. La folla dei discepoli lo accompagna in festa, i mantelli sono stesi davanti a Lui, si parla di prodigi che ha compiuto, un grido di lode si leva. Folla, festa, lode, benedizione, pace: è un clima di gioia quello che si respira. Gesù ha risvegliato nel cuore tante speranze soprattutto tra la gente umile, semplice, povera, dimenticata, quella che non conta agli occhi del mondo. Lui ha saputo comprendere le miserie umane, ha mostrato il volto di misericordia di Dio e si è chinato per guarire il corpo e l’anima. Lui ha saputo a camminare con loro.
Questo è Gesù. Questo è il suo cuore che guarda tutti noi, che guarda le nostre malattie, i nostri peccati. È grande l’amore di Gesù. E così entra in Gerusalemme con questo amore, e guarda tutti noi. È una scena bella: piena di luce – la luce dell’amore di Gesù, quello del suo cuore – di gioia, di festa.
“Questa è la prima parola che vorrei dirvi: gioia! Non siate mai uomini e donne tristi: un cristiano non può mai esserlo! Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù”. (papa Francesco)
Gesù si era incamminato come pellegrino verso Gerusalemme per le festività della Pasqua. Egli sa che Lo aspetta una nuova Pasqua e che Egli stesso prenderà il posto degli agnelli immolati, offrendo se stesso sulla Croce. Sa che, nei doni misteriosi del pane e del vino, si donerà per sempre ai suoi, aprirà loro la porta verso una nuova via di liberazione, verso la comunione con il Dio vivente. È in cammino verso l’altezza della Croce, verso il momento dell’amore che si dona. Il termine ultimo del suo pellegrinaggio è l’altezza di Dio stesso, alla quale Egli vuole sollevare l’essere umano.
“Una seconda parola: croce. Gesù entra a Gerusalemme per morire sulla Croce. Perché la croce? Perché Gesù prende su di sé il male, la sporcizia, il peccato del mondo, anche il nostro peccato, di tutti noi, e lo lava, lo lava con il suo sangue, con la misericordia, con l’amore di Dio. Guardiamoci intorno: quante ferite il male infligge all’umanità! Guerre, violenze, conflitti che colpiscono chi è più debole. C’è ovunque la mancanza di amore e di rispetto. E Gesù sulla croce sente tutto il peso del male e con la forza del suo amore lo vince, lo sconfigge nella sua risurrezione. Questo è il bene che Gesù fa a tutti noi sul trono della Croce. La croce di Cristo abbracciata con amore mai porta alla tristezza, ma alla gioia, alla gioia di essere salvati e di fare un pochettino quello che ha fatto Lui quel giorno della sua morte”. (papa Francesco)
Mettere insieme, come fa la celebrazione di oggi, i due atteggiamenti della folla che prima lo acclama e poi lo condanna, ci fa capire come è facile dimenticare l’amore di Dio, lasciarsi andare al peccato, rinnegare il Signore. Ma il Signore ci inonda del suo amore e della sua misericordia. Si tratta di lasciarci amare e salvare da Lui. Lui che, come dice S. Paolo, “mi ha amato e ha dato tutto se stesso per me”.