La storia dell’Europa è da sempre collegata alla religione cristiana, con la quale per secoli imperi e stati si sono continuamente confrontati e talvolta scontrati. La presenza del papato a Roma ne è stata sicuramente una delle cause principali e più evidenti. È capitato spesso nel passato anche lontano che, quando popolazioni ed eserciti stranieri la aggredivano, essa si ergesse a difesa della cristianità. Tutto questo in verità è avvenuto più per motivi politici e di occupazione di territori che per sincere motivazioni di fede.
La storia si ripete! Anche ai nostri giorni infatti, davanti al grave e complesso fenomeno delle migrazioni molti si pongono a difesa dei “sacri confini” della patria e dell’integrità della propria cultura, come baluardi insuperabili e determinati.
Il nostro tempo ha visto sorgere più muri e steccati di quanti se ne potevano immaginare noi che abbiamo visto crollare il muro di Berlino e pensavamo che in Europa non se ne facessero mai più! Queste barriere di filo spinato e di paura attraversano i confini degli stati, ma anche le strade dei nostri paesi: sono barriere che ci costruiamo dentro di noi, alimentate dalla paura e dalla chiusura. Davanti alla complessità di certe situazioni si preferisce alimentare la paura e le chiusure piuttosto che rafforzare il faticoso cammino dell’incontro e dell’integrazione e dividere le persone non in base alla etnia o al colore della pelle ma alla propria onestà e dignità.
Il problema è quando tutto questo si afferma in difesa delle “radici cristiane” e si arriva all’assurdo di metterle davanti o al posto dello stesso Vangelo! La nostra fede non è aggredita dall’esterno, ma dalla ipocrisia di tanti cristiani che ne tradiscono il cuore ed il significato più vero.
Gesù ha usato parole molto dure verso questo ipocrita atteggiamento di chi si batte per poter fare il presepe e non si indigna per i bambini avvolti dai fili spinati ai confini della Bielorussia o del Marocco e della Croazia, per chi si sente aggredito nei propri valori dal velo di una donna musulmana o non si sente il cuore spezzato nel vedere donne violentate e bambini sfruttati nel disperato tentativo di salvare la propria vita.
Vogliamo pensarlo così Gesù Bambino in questo Natale, vogliamo immaginarlo impigliato in un filo spinato in uno dei tanti passaggi verso l’”Europa cristiana”, impaurito, infreddolito, affamato, con quegli occhi che non hanno più lacrime ma che continuano a chiedere il perché di tanta cattiveria. Vogliamo sentire il pianto sommesso dei suoi genitori cercare di consolarlo, di dargli coraggio, di fargli pensare ad un futuro migliore dopo questa assurda sofferenza.
Un pensiero deve renderci ancora più a disagio in questo Natale. La maggior parte dei migranti che arrivano in Italia sono di religione cristiana, nostri fratelli nella fede. Quanto siamo lontani dalla bella immagine della chiesa nascente quando i primi cristiani erano riconosciuti soprattutto dall’amore che li univa gli uni agli altri, a prescindere dalla condizione sociale, dall’età, dalla lingua, quanto siamo lontani dal Vangelo!
Cerchiamo allora le vere radici cristiane dell’Europa. Esse non sono nei simboli, nelle tradizioni, in una autoreferenziale superiorità che ha sempre portato l’Europa ad essere causa di colonialismo e di sfruttamento in mezzo mondo.
Le nostre radici sono nelle parole di Gesù, sono nella concreta solidarietà che ci porta a camminare gli uni accanto agli altri, sono nelle “lanterne verdi” delle famiglie polacche che vogliono indicare una casa accogliente a chi è riuscito a superare il filo spinato.
Sono nel nostro quotidiano impegno accanto ai poveri, nel nostro tentativo – come ci ricorda continuamente Papa Francesco – di essere una chiesa che esce sulle strade, che rischia anche di sporcarsi, ma che non vuol rimanere lontana dalla gente e dalle sue difficoltà.
Buon Natale. Che sia un tempo bello di rabbia, di sogno e di impegno per tutti noi.
don Armando, don Luca
ed i giovani di Talea Aps e Caritas Young